“Velvet Buzzsaw”

Immagine tratta dalla pagina Facebook di Netflix

 Oggi vi vogliamo parlare di “Velvet Buzzsaw”, film di Dan Gilroy presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2019 e da pochi giorni disponibile su Netflix.

Tra i protagonisti, Jake Gyllenhaal e Rene Russo, poi abbiamo una piccola parte per Natalia Dyer e un cameo di John Malkovich: il film è ambientato nel mondo dell’arte contemporanea, tra critici verbosi (Morf Vandewalt, interpretato da Gyllenhaal), galleristi avidi (Rhodora Haze/Russo, Gretchen/Toni Collette…) e aspiranti tali (Josephina/Zawe Ashton).

Mentre i personaggi principali sghignazzano e vivono (presunti) drammi personali, in un anonimo condominio muore Vetril Dease, un anziano e solitario pittore che ha iniziato da poco il rogo sistematico delle proprie tele: nonostante l’uomo abbia lasciato precise disposizioni per la distruzione di ogni sua opera, la vicina di casa (Josephina) si intrufola nel suo appartamento e porta via tutto, intuendone le potenzialità.

Inizia quindi la valorizzazione postuma di Dease: i suoi quadri sono tetri, violenti e venduti a cifre altissime, ma sono anche maledetti (…zan zan!) e coloro i quali cercheranno di trarne profitto saranno massacrati.

Recensione breve: NO. Un grande NO.

Recensione lunga: il film è un’imbarazzante insieme di cliché sull’arte contemporanea, sceneggiato male e recitato peggio. Troviamo l’artista alcolizzato che ha perso la vena creativa (John Malkovich, forse l’unico che si salva), le solite scenette sulla “critica che definirebbe arte anche dei sacchi di immondizia, ihihih”, la solita retorica sull’artista “vero” che non si vende alle logiche del mercato perché “lui ha vissuto sulla strada ed è una persona con dei valori”. Morf Vandewalt, cocente delusione, è un personaggio logorroico e inconcludente, un critico omosessuale sconvolto (…) dalla passione per Josephina, arrogante segretaria priva di qualunque scintilla di erotismo (interpretazione da dimenticare per Zawe Ashton, la peggiore di tutto il film). Alcuni hanno definito “Velvet Buzzsaw” un film ironico/sarcastico/feroce (?!) che denuncia il diabolico mondo dei galleristi: noi ci chiediamo come sia possibile considerarlo tale se nessuno dei personaggi sembra mai aver aperto un libro di storia dell’arte. A questo aspetto del film si associa il “lato horror“: una serie di morti banali, prevedibili, sciocche. In un post sulla pagina di Netflix qualcuno ha commentato “Sembra ‘Final Destination’!”: ma magari, quello almeno era divertente… Oltre alle scene “soprannaturali” ci sono infinite digressioni: la più importante è quella dedicata al passato di Dease, una trita storiella che mette insieme violenza domestica, malattia mentale, quadri dipinti con il proprio sangue (…idee originalisssssime). Vi risparmiamo i commenti sull’inutilità di alcuni personaggi, come Coco/Natalia Dyer, che non aggiungono assolutamente nulla all’economia della storia se non altri luoghi comuni (nel caso di Coco, si tratta della tenera fanciulla del Michigan che decide di fuggire dalla perfida città dove tutti pensano solo al denaro). Insomma: “Velvet Buzzsaw” aveva un cast così promettente… e invece. Il nostro consiglio è vedervi il trailer, che riassume tutto il film, e poi scegliere qualcos’altro.

Oskar Felix Drago